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Lunedì, 15 Novembre 2021 08:46

La delusione e la protesta dei giovani per i risultati della Cop26

La delusione e la protesta dei giovani per i risultati della Cop26, che chiedono l’adozione di misure concrete soprattutto a favore delle popolazioni che stanno subendo gli effetti devastanti del cambiamento climatico

NON SI PU0' RISOLVERE UNA CRISI CON GLI STESSI METODI CHE L'HANNO CAUSATA

In tutto il mondo ci si mobilita, in queste settimane, per organizzare marce di protesta e di sensibilizzazione sul tema dei cambiamenti climatici. I militanti ambientalisti lanciano appelli ad agire per evitare il peggio e per spingere i governanti alla  concretezza. Si è marciato non solo a Glasgow in contemporanea alla COP26 ma anche in  molte altre piazze di tutto il mondo: Sidney, Parigi, Londra, Dublino, Stoccolma  Nairobi, Città del Messico e in decine di altre città di tutti i continenti: oltre 200  appuntamenti secondo quanto comunicato dalla Cop26 Coalition, che ha messo insieme gli  organizzatori dei diversi Paesi. La parola d’ordine sembra essere sempre la stessa: “giustizia climatica”, da raggiungere con misure immediate soprattutto a favore di quelle popolazioni che subiscono già adesso gli impatti del surriscaldamento globale, a partire dai Paesi più poveri.

Nei giorni scorsi mentre era in corso la Cop26, Glasgow è stata invasa dai oltre 25 mila Fridays for Future di tutto il mondo che hanno sicuramente portato alla conferenza un contributo anche gioioso e rumoroso che ha avuto il suo apice, sabato 6 novembre quando si è svolta la lunga marcia nello splendido scenario di Kelvingrove Park,  fino alla centralissima George Square. Oltre 200 mila, secondo alcuni 300 mila persone, in prevalenza giovani con alla testa del corteo tante donne e ragazze provenienti dal Sud del mondo e alcuni esponenti delle comunità indigene dell’Amazzonia.  E' stata molto significativa la scelta di fare aprire il corteo da coloro le cui voci vengono sistematicamente ignorate e che invece in occasione della Cop26 di Glasgow hanno avuto l’opportunità di ricordare al mondo quali sono gli effetti della crisi climatica. E di ricordarci che l’attivismo si paga non raramente anche con la vita, come è accaduto a Samir Flores, giovane messicano ucciso nel 2019 per essersi opposto al mega progetto energetico “Proyecto Integral Morelos” avversato dalle popolazioni indigene danneggiate dalla sua realizzazione.
Una sorte tragica come quella di Samir, ricordato da Sofia Gutierrez alla fine della marcia, è toccata lo scorso anno in Colombia a ben 65 difensori dell’ambiente e delle comunità, che hanno pagato con la vita il loro impegno.

Proprio il presidente colombiano Iván Duque è stato tra i più attivi alla Cop26, dove invece non si è presentato Jair Bolsonaro, presidente del Brasile, bersaglio di cori durante la manifestazione e additato come responsabile di un vero e proprio genocidio sia dei nativi dell’Amazzonia, dove la deforestazione prosegue senza sosta a tutto vantaggio delle imprese private, sia del suo popolo, a causa della gestione fallimentare della pandemia. Boris Johnson, tramite il suo portavoce ha fatto sapere di comprendere «il forte sentimento dei giovani sul cambiamento climatico», tuttavia «saltare le lezioni è estremamente dannoso in un tempo in cui la pandemia da Covid ha già avuto un enorme impatto sul loro apprendimento». Appelli caduti nel vuoto, almeno a Glasgow, dove alla marcia c'erano tantissimi ragazzi e bambini arrivati con le loro famiglie, quasi tutti con il loro pezzo di cartone a mo’ di cartello con su scritto «no more blah blah blah», per riecheggiare le parole di Greta sulla vuota retorica dei governi del Pianeta.

Una invasione, dunque, quella di Glasgow, gioiosa nelle apparenze e nei cartelli variopinti ma molto pesante nei commenti e nelle dichiarazioni dei vari portavoce e leaders dei  Fridays for Future:  “Ci siamo fatti 15 ore di treno da Torino perché siamo convinti che questa Cop sia l’ultima occasione per invertire la rotta e fermare la crisi climatica”,  ha spiegato  un portavoce dei  giovani italiani. “Dobbiamo diminuire le nostre emissioni del 7% ogni anno per restare sotto gli 1,5 gradi di aumento della temperatura media globale. Se rimandiamo ogni decisione all’anno prossimo, probabilmente sarà troppo tardi”.  Tra gli attivisti è andata via via crescendo la convinzione che quella di Glasgow sia stata l’ennesima occasione persa. Per esempio, Marta dei Fridays for Future polacchi non crede che il governo di Varsavia abbia realmente intenzione di smettere di usare il carbone, come promesso. “Hanno già dichiarato che, non essendo un Paese sviluppato, possono aspettare fino al 2040 per dire addio al carbone. Noi non possiamo attendere tutto questo tempo!”. L’ugandese Vanessa Nakate considerata il braccio destro di Greta, rivolgendosi ai governanti, si è chiesta ad alta voce “quanti altri di questi eventi si dovranno tenere finché non si renderanno conto che la loro inazione sta distruggendo il Pianeta?”. E ha sottolineato che «storicamente, l’Africa è responsabile solo del 3% delle emissioni globali. Greta Thunberg, non ha voluto prendere la scena del corteo ed è rimasta nelle retrovie, ma prima di lasciare Glasgow  ha lanciato le sue pesanti accuse:  la Cop26 è un fallimento totale, un mero esercizio di pubbliche relazioni, perché non si può risolvere una crisi con gli stessi metodi che l’hanno causata”. E ancora “Il re è nudo, la storia giudicherà severamente questi governanti incapaci di dare inizio ad un vero cambiamento di modello”.

Spenti i riflettori sulla presenza sul palco dei grandi del pianeta, e dei giovani sulle strade e piazze di Glasgow, le commissioni della Cop 26 hanno continuato i lavori e secondo alcuni osservatori alcuni passi avanti sono stati fatti. Come, ad esempio, sullo sfruttamento energetico del carbone,

Oltre 40 Paesi tra cui l'Italia, e alcune decine di organizzazioni, hanno concordato di abbandonare gradualmente l’utilizzo di energia elettrica a carbone, e di smettere di investire nella costruzione di nuovi impianti: entro la decade 2030 le economie maggiori e in quella del 2040 per le nazioni più povere.

La mancanza di grandi leader come Russia e Cina è stata sicuramente deludente come pure preoccupanti le affermazioni del premier indiano Modi sulla riduzione delle emissioni del suo Paese nel 2070, in ritardo di 20 anni sull'obiettivo del 2050.

Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ospite recentemente di una rete televisiva, ha affermato che “Il risultato più grande di questa Cop26 è l’enorme interesse anche dei capitali privati in questa enorme sfida, perché abbiamo capito che il cambiamento climatico si può combattere solo insieme, consapevoli che la lotta per il clima è un fatto di giustizia globale".  Ed è sicuramente buona la notizia di questi giorni che sempre il ministro Roberto Cingolani, voglia provare a rendere permanente e a scadenza annuale l’evento Youth4Climate svoltosi a Milano a fine settembre scorso  che ha rappresentato un'esperienza straordinaria per molti dei 400 giovani delegati dai quasi 200 Paesi di tutto il mondo, riuniti  per affrontare le principali urgenze e priorità dell’azione climatica.

Ma si sente ancora forte l'eco del disappunto dei giovani per l'incapacità soprattutto di chi più inquina e deturpa la natura e l'ambiente ed ha in mano le sorti del pianeta, di assumere scelte responsabili, coraggiose e tempestive.

Nelle prossime settimane avremo un quadro più chiaro dei veri risultati raggiunti dalla Cop26.

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